Tre e un quarto di una notte di fine estate, si esce da un locale si sale in auto ci si avvia a casa, sono piuttosto stanco, fatico a tenere gli occhi aperti, non sono un più un giovincello, gli anni si fanno sentire e vanno a dar manforte al mio abituale stato di accidia accidiosa. Pur essendo vagamente a conoscenza del suo quoziente intellettivo e anche della sua non eccellentissima capacità discernitiva, tanto per far finta di essere ancora un giovane aitante(!!) pieno di vita, pensando che potesse essere una domanda nel modo più assoluto retorica, dal momento che l’indomani si lavora tutti e due, e pensando anche che a quell’ora la ragazza avrebbe ormai dovuto avere le palline piene della mia compagnia, butto lì con aria di sciolto e indifferente distacco un “mare? montagna?” e lei secca “si, mare” e io “cazzo, no!” penso, e però ormai la frittata è fatta, alea jacta est, per dirla con guido. Tocca pure portarla a casa a prendere il golfino per il pancino che fa freddino, non torna più giù, ne approfitto per una veloce pennica rigenerante lì in macchina, e a un quarto d’ora dalla partenza mi ritrovo pure a parlare da solo, chè lei si era addormentata, la principessa… La sveglio all’arrivo, camminata di rito fino al faro -“Copuliamo?” - “No”. Voglio dire, persone diverse, finale sempre uguale. -“Colazione a Chioggia?” - “si!” - “ah, la colazione quella si!” - “si si, la colazione si, grazie”, abbuffata (sua, che le brioches di Chioggia sono così buone, uhuuu) ritorno, lei di nuovo si addormenta in auto io bestemmio nelle poche lingue che conosco ma non ne tralascio una, accoglienza calorosa di mia madre dove sei stato a quest’ora alla tua età sei un fallito non hai uno scopo nella vita caffè e, stanco ma contento e soddisfatto dei miei successi, spavaldamente mi avvio al lavoro.
Questa è la settimana degli incontri. All’ospedale, stamattina, ho incontrato Francesca, baci e abbracci. Dopo un minuto, sento una tetta appoggiarsi contro la mia mano destra (tenevo la busta di una radiografia sotto braccio, a mo’ di professoressa di scuola media, e quindi con il braccio piegato avevo la mano all’altezza del petto), faccio signorilmente finta di niente, ma la cosa non mi lascia indifferente. Dopo un minuto, sento la stessa tetta appoggiarsi di nuovo contro la stessa mano. A questo punto, colgo la non involontarietà dell’”appoggio”, ne deduco che la relazione col mandrillo di turno è finita – cosa poi confermata – mi si alza la temperatura corporea, comincio ad aumentare di volume da qualche parte del corpo e con un po’ meno di signorilità penso che sia il caso di metterla in guardia “scusa, guarda, è un periodo così, stai un po’ attenta, se appoggi ancora una volta la tetta sulla mia mano non ci penso su due volte ti salto addosso hic et nunc qua sulla rampa del monoblocco dell’ospedale alle undici di mattina, trentaduemila spettatori chissenefrega…” Bellovederti-siancheperme-chiamami-certo-ciaociao
Al supermercato ho incontrato Tiziana, che tutti i miei due amici sanno essere l'unica persona di cui mi sia innamorato davvero in questa valle di lacrime, se pur in giovane età, anzi, forse proprio per quello. Con lei, una bellissima bimba bionda con gli occhietti azzurri, di un anno e mezzo, nata a pochi giorni di distanza dal mio secondo nipote Jacopo, cosa che a questo punto mi fa diventare un obbligo morale il cercare di creare l'inciucio tra i due pidocchi, chè se non ci sono riuscito io, vediamo se ci riesce lui. Purtroppo continua a essere felicemente sposata, serena come non mai, due bimbi... non muore, l'infamone, il marito, dico. Avevo la gola secca, parlandole, cioè boffonchiando qualche suono gutturale, la lingua impastata, due battute, mi sono uscite, una più idiota dell'altra, occhi compassionevoli mi hanno commiserato, tutto esattamente come allora, nè più nè meno, anzi forse con più goffaggine, data l'età. Sant'antonio, ora pro nobis.
miseriaccia sozza, sono su youtube da 5 mesi e lo scopro solo ora... maledetti telefonini, non ci si può nemmeno più infrattare sui colli in tranquillità
Chiedo all’edicolante di via del serpente (all’edicolante, non a un ausiliario del traffico o a un farmacista): - il Foglio, per favore - scusi? - il Foglio - che cos’è, un giornale? - il Foglio di Ferrara... - ah no, mi spiace, se vuole ho il Gazzettino di Vicenza o qualcosa su Rovigo, ma il Foglio di Ferrara no, mi spiace - capisco... fa niente, grazie lo stesso
Permettetemi di fare un po’ il saccente. Dunque, io pensavo che le frustate di cui tutti gli Hazara portano i segni evidentissimi sulla schiena se le fossero beccate dai Pashtun, invece no, se le fanno da soli, c’è un giorno all’anno che loro hanno il coraggio di chiamare un giorno di festa in cui pregano e si ciliciano con vigore da sé stessi medesimi. L’ho scoperto oggi e volevo assolutamente ragguagliarvi e condividere questa cosa con voi. Passando a cose serie, invece. L’altra sera a ore tarducce ma non troppo, ché ormai certe ore non le reggo più, facevo zapping in tv e per caso mi si blocca il dito schiacciante, e sempre per puro caso il suddetto dito - fate finta di credermi, per favore - mi si blocca, dicevo, su un canale privato locale dove la sera ci sono delle signorine che pubblicizzano e promuovono la frutta e la verdura, ma non tutta, solo certi tipi, come la banana, la zucchina a volte la melanzana, e per farlo meglio, lucidano la frutta e la verdura passandosela e lisciandosela su alcune parti del corpo. Dunque, la signorina in questione, peraltro poco vestita ma si sa ormai la pubblicità su che cosa fa leva, chiede sussurrando con tono suadente e cercando di dissimulare goffamente il fatto di non guardare in macchina ma leggendo con gli occhi sbarrati e fissi sul gobbo, con tono e parole da libro stampato chiede “ditemi, amici, quali pensieri albergano ora nella vostra mente? Albergano??? Scusa, hai detto proprio così, albergano? Hai capito, la signorina, che elegante raffinatezza mi sfoggia... faccio questo numero, che leggo in sovrimpressione sullo schermo, del distretto telefonico di Nukulaelae (l’isola più carina delle Tuvalu) e non capisco bene perché, visto che l’emittente è qui a due passi in zona industriale: ”Guardi, signorina fruttivendola, lasci perdere i toni aulici, che non le si addicono e suonano proprio artificiosi, si fidi, che poi se c’è un pensiero che in questo momento sta albergando da qualche parte nel mio corpo, mi creda, è in qualche punto un po’ più in giù della mente, non glielo so spiegare, ma è così...
“Olha que belas mamas” le ho detto mentre con la faccia da pesce io e con un bel sorriso lei si era in attesa dello scatto della foto. “Non sono qui per questo” ha detto lei cambiando espressione del viso mentre io sempre con la faccia da pesce raccoglievo le mie cose e mi accingevo a salutare. Ah, l’anima triste delle fadiste… posted by Umbe11:54 AM *** |
Monday, April 30, 2007
Ho il naso chiuso e la gola infiammata. Un solo canale per respirare e pure mezzo andato. Astinenza da fumo, cosa che in sé non fa male ma che mi irrita un pochino e il male lo può però fare a chi si trova nelle vicinanze. Arriva un collega di lavoro (e non faccio il farmacista, sia chiaro, e neanche il medico) e dice devi prendere i propoli, assolutamente, dopo dieci minuti ne arriva un altro e dice devi prendere il magnesio, fidati. Il terzo (e ultimo) collega in questo momento è in Spagna e non può dire la sua, per fortuna...
Trovo in Prato della valle, in occasione del concerto serale di domenica scorsa tenuto a conclusione della marcia cittadina svoltasi in mattinata qui a Padova, trovo - dicevo - un ragazzo maghrebino che ho conosciuto l’inverno scorso tra le persone senza fissa dimora (e anche senza tante altre cose, a dire il vero) che accompagnavo la sera in dormitori vari della città. Un po’ per l’aria di festa che c’è in Prato (comincio a mettere le mani avanti per giustificarmi), un po’ per il fatto che lui è sempre sorridente e bendisposto, un po’ che anch’io sono vagamente su di giri, insomma gli chiedo - dopo l’heilà di rito - e dimmi amico, come và? e lui dice eh che vuoi sono sempre lì e cerca le parole e io, per far sì che non si debba umiliare di fronte alla persona che è in mia compagnia e per non fargli dire che è sempre lì a vivere e a dormire per la strada e a mangiare alle cucine popolari e che non c’ha un lavoro e ha solo quei vestiti unti addosso e nient’altro, lo blocco e gli butto lì - ripeto, la mia intenzione era solo non fargli dire di più - gli dico tranquillo, vecchio mio, va bene così, volendo intendere non serve che dici altro e lui però deve aver pensato quella brutta xxxxxxx di tua sorella e quella grandissima xxxxxxx di tua mamma, una sega va bene così, però se l’abbia anche detto a voce alta o solo pensato io non lo so ero già sparito in mezzo alla gente cercando di nascondermi e di non farmi trovare
Momento di formazione interna all'associazione, sabato mattina, terzo incontro. Cercando di formarmi, per crescere e diventare un buon operatore e un buon educatore, ma soprattutto cercando di evitare di appisolarmi lì sulla seggiola, osservo le varie tipologie e dimensioni dei seni delle operatrici colleghe, grazie anche alla mise suggerita da questi primi giorni di sole primaverile, e noto, con didattica prettamente fenomenologica e in una proiezione casistica che mi auguro comunque disattesa, che le operanti nel settore sociale portano, per il 92,7% dei casi, una prima misura di reggiseno, non solo, ma anche che, nel 52,2% di quel 92,7% dei casi, il fatto di portare un reggiseno, se pure una prima misura, è dato solo e unicamente da motivazioni di ordine sociale e culturale, non essendoci neanche quel pochino da reggere da giustificare la scomodità di tale supporto se non appunto per.
Non credo nemmeno che questa cosa vi interessi, ma tant'è!
(p.s. Tutte le colleghe che per caso venissero a leggere questa analisi profonda e approfondita si collochino senza tema nella percentuale restante del 7,3%, e mi invitino a prendere una birra e non torniamo più sull'argomento)
La maestra era entrata in classe in anticipo, quel sabato, cinque minuti prima che la campana richiamasse gli alunni al silenzio della lezione. Sembrava serena. Sobria ed elegante nei modi, come sempre del resto, aveva i capelli soffici e morbidi di una chioma appena lavata e asciugata e pettinata con cura, e poggiavano - i capelli - sulle spalle cadendo gioiosamente mossi e sparsi lì e sul collo aperto della camicia e sul maglioncino nuovo aperto sul seno. Un’aria di freschezza, di pulito e di bello l’avvolgeva e la sosteneva e la illuminava sulla sedia. Kate la trovava bella davvero. Appena suonò la campana, prese qualcosa nella mano sinistra chiudendolapoi a pugno, si alzò e scrisse decisa sulla lavagna: “Tema: La vuoi la mia oliva?” e immediatamente dopo aver poggiato il gessetto per scrivere aprì la mano e tenendola tra l’indice e il pollice indicò alla classe un’oliva, poi prese un cesto pieno di olive e camminando tra i banchi le porse ai suoi ragazzi, subito invitandoli a non mangiarle. Kate afferrò incerta la sua oliva, non capiva. Guardava la maestra, poi l’oliva, poi rialzava gli occhi, poi di nuovo li abbassava. A Kate piaceva quella donna, anzi la adorava, e pensava che da grande avrebbe voluto essere esattamente come lei, parlare come lei, muoversi come lei, cercare di assomigliarle, anche, e il fatto che spesso non la capisse o non capisse il senso di quello che faceva o non capisse il perché di un tema sull’oliva e dal titolo così strano, poi, beh, questo lo trovava ancora più intrigante. A volte chiudeva gli occhi nella sua cameretta e la pensava, e la immaginava, e si immaginava cose che nemmeno alla sua amica Lily poteva confidare. Era verde, la sua oliva, e grande. E calda, calda del calore della mano della maestra, ché a lei, segno indiscusso di un legame che anche il destino voleva privilegiato, proprio a lei era toccata l’oliva che era stata stretta in quella forte calda mano. Avrebbe voluto alzarsi e correre ad abbracciarla, stringerla forte e poi forse anche baciarla. Si limitò a chiedere, pur con irrefrenato entusiasmo: “Scusi, signora maestra, di quale oliva sta parlando?” e la maestra rispose semplicemente “Dell’oliva da spritz. Forza, ragazzi, osservatela e poi scrivete qualsiasi cosa vi passi per la mente guardandola”. Kate non sapeva che cosa scrivere, teneva fra le mani la sua preziosa oliva - il suo magnifico trofeo, graditissimo premio - la annusava, la poggiava, la riprendeva, la rigirava, però niente la convinceva dei suoi pensieri, niente che fosse degno di essere scritto in un tema così importante. Chiuse gli occhi, e lasciò che i pensieri arrivassero da soli, senza forzature... “Kate! Kate! - la richiamò la maestra - allora, la vuoi la mia oliva? Su, dai, mettiti al lavoro”, ma a Kate quello non sembrò un richiamo al lavoro, le parve piuttosto e se lo portò nell’intimo come un sussurrato, caldo, sudato, odoroso complice invito a prendersi la sua oliva, l’oliva che la maestra le aveva dato, anzi - di più - l’oliva della maestra. Un dolce bisbiglio soffiato delicatamente all’orecchio, un leggero e sincero alito caldo di indelicata passione, solo questo erano nella sua testa quelle parole “Kate, la vuoi la mia oliva”... Certo, le olive già le conosceva, ne aveva mangiate tante e di tanti tipi, ma quella era chiaramente speciale, più buona sicuramente di qualsiasi altra oliva avesse mai assaggiato, aveva qualcosa di indefinibile eppur tangibile invitante piacevolezza, di sugoso piacere immediatamente palpabile ai sensi, perfino al senso del gusto non ancora gustato, un invito al peccato di gola. Pensò di metterla in bocca, per vedere se diverse non ancora provate sensazioni le avrebbero dato uno spunto per scrivere, o per immaginare, forse, immaginare immagini forti e belle. Decise di metterla in bocca, e di lì tenerla a lungo, e poi infine succhiare quella goccia di succo spremuto dai denti e ancora arrivare al nocciolo e tra i denti stringerlo e...
Mi devo fermare, cerco una penna, non voglio che bubola, il mio compagno di viaggio in questi primi chilometri del ritorno, mi lasci indietro. Pago le mie ultime kune per un caffè, e riparto. A maslenica il ministro delle coste ci obbliga a uscire dall’autostrada, cartelli - modric - con la scritta apartmani uno dietro l’altro però benzinai niente per chilometri e chilometri che deve essere una strategia economica per incentivare il turismo non posso fermarmi - seline - mi serve benzina già una volta ho trattenuto il fiato con gli amici sotto il tunnel che non finiva mai proseguo la strada è piacevole - tribanj kruscica - cicca e aria condizionata. Non è per niente facile - lisarica - sapere che cosa fare con quell’età, è paradossalmente molto più semplice - baric draga - rapportarsi ai vent’anni, o pure ai quaranta - karlobag, benzina caffè di sollievo e cicca e poi ancora cicca - quando i compiti e i rapporti e i ruoli che la condizione di quelle età comporta - una presunta normale condizione - sono - ralic - piuttosto ben definiti. Senj, continuo per la costa, mi piace. Damien Rice, ora. Come si fa a capire - smokvica - potrebbe essere così semplicemente naturale la strada da prendere, così facilmente intuibile, e potrebbe invece allo stesso modo essere così naturalmente impercorribile, e impensabile, e io raramente ho i piedi per terra - novi vinodolski - e la testa mi gira facilmente. Crikvenica, pesco un aulin dalle tasche. Viaggiando in macchina, c’è solo un modo più bello del farlo da soli, belle strade posti nuovi buona musica e cicca al vento - kraljevica - ed è il farlo con un buon compagno. Quarantotto ore bugiarde - bakarac - il cimitero il caffè sulla collina - grad bakar - e poi ancora sulla spiaggia, l’amica - kostrena - il campanile da salire e san gregorio da baciare, l’aperitivo sulla terrazza - rijeka - il tribù sospeso sul mare e sul porto - mare incantevole - siamo troppo vicini perché possa stare bene. Te che sempre ti guardi nello specchio e ogni volta dici qualche cosa che mi fa sorridere non posso starti a guardare mentre getti i sassolini nel mare.
La strada i pinguini la sera la gente il prosciutto e il formaggio la partita e la birra la fauna la notte il caldo e il respiro la mamma e l’amica - le luci di casa... otto ore, certe volte, sono davvero troppo poche
L’ispettore della mobile nel suo ufficio in questura mi sta interrogando, comincia a stendere il verbale e leggendo a voce alta quanto scrive per mettermi al corrente di come riporta le mie dichiarazioni dice dunque oggi è il ventiquattro maggio io molto tranquillo non lo sono e penso però di dargli una bella notizia e anche di prendere confidenza con lui e dico eh già oggi è il compleanno di dylan e a lui però sembra non interessare molto la cosa e dice pfui e fa spallucce io dico beh per me invece la cosa ha un certo valore e poi ognuno ha i suoi gusti e io comunque la preghierina a gesù l’ho detta gesù preservalo dai pericoli e concedigli serenità e salute nella vecchiaia. Vecchiaia che a dirla tutta è uno stato - se non sociale però sicuramente fisico quello sì – è uno stato, dicevo, che già mi appartiene, o se preferite al quale mi sono già da tempo consegnato. Voglio dire, rotolarmi di sera sull’erba umidiccia del prato del Prato della Valle (ullallà quanti prati) è una cosa che non mi posso più permettere di fare, l’indomani poi mi sveglio che sono da buttare, io e i miei ossi buoni neanche per un cane ingrugnito. Me ne sto lì steso che sembra – sembra – che stia serenamente svaccato a godere della leggera brezza della sera e invece sono lì imbacchettato che non riesco a respirare, e lei mi chiede - e potrebbe essere che sia perché non si esprime ancora al meglio nel nostro idioma, ma potrebbe anche essere che lo dica invece sapendo proprio bene quel che intende dire - chiede come si sta lì sotto terra? ...come si sta lì sotto terra, dice. A parte il fatto che si dice lì sulla terra, anzi - meglio - lì sull'erba, e comunque, come vuoi che stia... se solo riesco ad alzarmi, te lo scordi che vengo ancora una sola altra volta qui, a giocare a fare lo studentello, quando l’età dello studentello l’ho superata ormai da un pezzo... Ahi ahi... voglio una stanza al nazareth... guido, sii gentile, mettici tu una buona parola.
Ci sono due belle e invitanti e sensuali nonché simpatiche e intriganti e luminose natiche che provengono dalla sponda est dell’adriatico che... per carità, a ognuno il suo, non dico di no, però, al faro, permettetemi, amici, la prossima volta, e la smetto, ora, di usare così tante virgole, ché la cosa vi potrebbe anche un po’ infastidire, la prossima volta al faro io il mare lo vengo a vedere dalla parte di là, come no, con lo sguardo rivolto a oriente, al mare aperto, all’indefinita notte, e qualcun altro se lo verrà a godere di qua, con gli occhi puntati alla terraferma, alla terrasolida, alla terra delle certezze... nessuno se la prenda, ma il pallottoliere e la barbie non li avevo portati, non ci avevo pensato, miseria sozza...
Vediamo se imparo finalmente ‘sta lingua, che Rui dice che la parlo come un trasmontano, che io pensavo si riferisse alla pronuncia, e invece mi spiega che parlo come un libro stampato, ma soprattutto stampato nell’ottocento. E d’altronde, le mie più interessanti discussioni le ho avute finora con il signor Eça de Queirós, con padre Amaro e la sua zoccoletta...
Amici dubliners, non vi ho dimenticati, ma ci sono cose che si vivono, e non si raccontano. posted by Umbe1:19 PM *** |
Sunday, April 09, 2006
È bello. È bello percepire la presenza superiore di gino qui tra noi. Presenza metafisica, beninteso. Intendo dire, è bello che mi chiami costanza per dirmi che ha fatto sua l’impostazione filosofica di approccio alla vita di giniana memoria, svegliarsi bene la mattina dopo una bella serata tra amici e sentirsi uscire da dentro con forza di dire” fanculo! fanculo a te, fanculo a lui, fanculo un po’ a tutti!”, ci si sente meglio, poi. È bello. Ma è anche bello che gino non sia qui tra noi in questo momento, in questo momento elettorale, voglio dire. Da martedì, gino, puoi tornare. Ci mancano le tue sempre apprezzate uscite. Che bello. Già.
Faceva fatica a prendere sonno stamattina il mio nipotino zaccaria, due mesi e mezzo, a me affidato per negligenza di madre e nonna. Sono stato costretto a ricorrere alle maniere forti. Alla prima strofa di hard rain, dylan 1962, il piccolo stramazza, china la testolina ed entra nel quarto sonno (che non so cos’è, e se neanche esiste). Per chi apprezza il vecchio, per chi conosce la canzone, per chi può capire.
Li sveglio, stamattina, e dopo cinque minuti laki e slim stanno litigando, i toni sono accesi e intervengo prima che si mettano le mani addosso. - qual è il problema? chiedo - lui bestemmia sempre - urla arrabbiato slim indicando laki, un tipo sui cinquanta di padova, che sua moglie ha sbattuto fuori di casa per un litigio - mi racconta – e ‘sta baraccata durerà per dodici, massimo quindici giorni, e però conosce tutti alle cucine popolari alla stazione ai dormitori e pure in via anelli, e ogni volta che mi racconta qualcosa di questa sua vita e si accorge dell’incongruenza dice è stata l’altra volta che mia moglie mi ha sbattuto fuori di casa, ‘sta puttana, che non è una cattiva donna però le piace farsi i capelli mangiare bene bere bene e perché a me no? e però se non ce lo possiamo permettere non puoi spendere duemila euri in un mese ‘sta puttana e ho un’altra casa ci vive mia figlia adesso però è in america e io non ho le chiavi di casa. - ma no, cioè si bestemmio ma Lui sa che non lo dico con cattiveria – quasi si scusa laki - ma cosa dici – lo aggredisce il tunisino coi capelli rossi che nessuno ci credeva che un tunisino avesse i capelli rossi e mi dicevano ma dai ti sbagli di sicuro non può essere tunisino e avere i capelli rossi ma no ti dico è tunisino e ha i capelli rossi e anche le lentiggini e così hanno cominciato in tanti a venire in visita alle tende della stazione per verificare questo strano fenomeno del tunisino che ha i capelli rossi e poi tutti porca miseria è vero avevi ragione è tunisino e ha i capelli rossi – Dio ti da mangiare tutti giorni e tu offendi Lui - a parte che non mi da tanto da mangiare – dice laki – ma comunque si bestemmio ma non ce l’ho con Lui - dai ragazzi state buoni – cerco di calmarli – sono le sei, non vi sembra prestuccio per questo tipo di disquisizioni, eh? dai, su, chi vuole ancora caffè? - lui ti da mangiare, tu sempre bestemmi, chi è che ti da mangiare, eh? continua slim - ma dai che dio non esiste! dice laki, e a questo punto non capisco se le sue convinzioni in materia siano deboluccie o se invece si era stufato di scusarsi e giustificarsi con slim e ha cambiato posizione in un nanosecondo, mentre raccoglie melanzane radicchio e mandarini da terra, giacché il tipo arriva la sera con un carrello pieno di cassette di verdura marcia che gli regalano la mattina al mercato in piazza e lui arriva con ‘ste verdure e le sue coperte cioè con le coperte che mi ha inchiappettato la prima notte che ha dormito lì e un po’ di cartoni e altre cose il tutto sopra un roll messe in bell’ordine, e vorrebbe anche che gli altri per questa sua elargizione di frutta e verdura lo ringraziassero, e hassan una sera gli ha detto questi mandarini sono buoni ma quella verdura è merda e laki gli ha risposto a gente come te io vi rimanderei tutti a casa vostra, vi metterei tutti su un bell’aereo si ma col portellone aperto! e poi hassan si è messo in disparte e non ha più parlato. No perché – continua laki – io sono stato in via anelli – e qui tentenna un po’ mi guarda e mi dice si è stata quell’altra volta che mia moglie mi ha buttato fuori di casa – e questi vivono in un letamaio e defecano (questo temine lo uso io) nell’ascensore e poi c’hanno pure il coraggio di lamentarsi di questo cibo, e sono stato anche in marocco si però quando stavo con la prima moglie cioè quella volta che mi ha buttato fuori di casa e per dirla tutta laki è stato anche in somalia e in liberia, chè oltre a due mogli ha avuto anche una compagna, che evidentemente non ha voluto essere da meno delle mogli e lo ha buttato fuori di casa pure lei torno in stazione dopo venti minuti a cercare una branda asportata furtivamente nella notte dalle tende dove dormono i barboncini e porca miseria i due sono ancora lì che speculano e si agitano. il giorno schiarisce, la stazione prende vita, camminano veloci i pendolari, slim ha ormai un’espressione rassegnata, laki gli urla no tu devi studiare teologia tu non hai capito niente ascolta me tu devi studiare teologia, slim dice chi, io devo studiare teologia? studia tu e laki dice neanche i preti ci credono in Dio io ho lavorato dai frati a teolo al monte rua e su all’abbazia di praglia e i frati mi chiedevano sempre di portargli i pornazzi, cosa credi, lo dice anche don angelo che dio non esiste, io sono amico di don angelo vado sempre a mangiare da lui. slim si infila le scarpe mentre si regge in equilibrio su di un solo piede, appoggiato alle spalle di laki, e da lontano sembrano buoni amici.
Esci con me, dice il re nero alla torre, ti porto al sicuro, ma la torre risponde - con gentilezza, senza dubbio - non so dovrei chiedere al violino di ciliegio se posso. Il cugino dell’attore, intanto, ascolta rapito la musica del già menzionato violino, ondeggiando lentamente il capo accompagna il suo ritmo lento e melodico, mentre dietro di lui gli occhi della donna dei fiori esprimono tutto l’affetto di lei per l’elegante uomo dello show vestito di nero - qualcuno tra il pubblico si chiedeva se fosse quello il destino, e anche che cosa fosse il destino, e ancora se destino fosse solo una parola, ma era senza dubbio una questione sciocca. Qualcun altro si commosse, e non riuscendo a trattenere la commozione preferì nasconderla uscendo in giardino - il vecchio e il ragazzo imbracciano le chitarre e suonano una canzone, e alla fine della canzone si sorridono come due vecchi amici, pur se amici non lo sono diventati ancora. Esci con me, dice di nuovo il re nero alla torre, ti porto al sicuro, e la torre questa volta dice si, ma il re nero non é più così contento ora di uscire con la torre. E poi c’è Yvonne, ha i capelli biondi e gli occhi tristi. Dice che vuole tornare a casa, a conoscere i suoi genitori... E io? le chiedo, e lei mi dice la vita è un’avventura.
Stava lì, sull’uscio dell’Elegguà, ho bevuto una birra e ci ho messo sopra il bicchiere vuoto, perché quella mi sembrava che fosse la sua funzione, di reggere i bicchieri vuoti delle persone che godevano del concerto di enea e piter dalla strada, giacché dentro al localino non ci si stava poi in molti. A me quello sembrava davvero un portabicchieri per i bicchieri vuoti, però quando ci ho messo sopra il mio bicchiere vuoto quello che a me sembrava un portabicchieri per bicchieri vuoti mi ha detto guarda che non sono il portabicchieri per il tuo bicchiere vuoto, e così, oltremodo sbalordito, ho ripreso il mio bicchiere vuoto e l’ho fatto passare di mano in mano tra le mani delle persone che stavano una sull’altra sull’uscio dell’Elegguà, finché il bicchiere vuoto è arrivato a essere poggiato sul tavolino appena dentro il locale a sinistra della porta, e il tavolino lui mica si è risentito della cosa, non mi ha mica detto guarda che io sono il capo dei tavolini oppure sono qui con una funzione solo estetica oppure non sono qui per reggere i bicchieri vuoti, no, il tavolino è stato zitto e si è lasciato poggiare sopra il bicchiere vuoto, ruolo per cui è stato comprato e messo lì, e alla fine di tutta questa speculazione alquanto idiota voglio solo dire che se una c’ha la faccia da portabicchieri vuoti non dovrebbe esimersi dal portare i bicchieri vuoti, e voglio anche fare un appello a tutte le persone che hanno la faccia da portabicchieri vuoti, reggete ‘sti bicchieri vuoti e non ne parliamo più. A proposito, seduta al tavolino appena a sinistra della porta d’entrata c’era la mamma di piter. La mamma di piter è una bella donna, e una donna elegante, senza dubbio. Lo volevo dire.
Non è bello no arrivare all’aeroporto aspettare bere un caffè fumare una sigaretta fare la fila passare al check-in aspettare fare la fila arrivare fin sotto il rilevatore di bombe e poi... e poi salutare il partente, e tornarsene indietro. Il settimo giorno si è riposato, e ci ha comandamentato di fare lo stesso. Ora, i camionisti, che sono tutti buoni osservanti, ma tutti tutti, italiani croati portoghesi ungheresi dico proprio tutti, la domenica si riposano, di più, siccome sono proprio bravi credenti, anche il sabato non lavorano, indossano la tuta sportiva le scarpe da ginnastica si mettono in giardino si lavano il loro bell’autoarticolato poi si vanno a confessare e si preparano alla domenica. Gli automobilisti però, per la maggior parte, credono di vederli sulla prima corsia dell’autostrada anche il sabato e la domenica, loro e i loro mezzi - certo - questi bei camion grandi, potenti, aggressivi, imponenti, e di conseguenza stanno per metà sulla corsia centrale e per l’altra metà sulla corsia di sorpasso, con la prima corsia vuota ma vuota vuota, mica per dire. A villafranca veronese o poco dopo ci ho visto tre camper in fila, poi a montebello una cinquecento una di quelle vecchie, se ne andava pian pianino saranno stati ottanta all’ora, alla guida - pure lei - una vecchietta tranquilla e serena che guardava dritto e non dava confidenza a nessuno, infine saremo stati a grisignano c’era un furgone uno di quelli con la d nera su quadrato verde loro per il tipo di merce che trasportano sono autorizzati a girare anche nel fine settimana e questo è tutto quanto c’era oggi nella prima corsia dell’autostrada mi-ve nel tratto tra vr est e pd ovest tra le undici e le undici e mezza. Un po’ quello di cui si lamentava il bubola una sera calda calda di qualche tempo fa, se non mi sbaglio, no? Nel frattempo ho finito di ingrossare il conto in banca delle suore di roma, il sabato gran finale sulla terrazza del bar del foro italico, la sera tra l’altro del concerto dei dublinesi quelli col nome di un aereo con lo stadio a duecento metri, le loro ultime note chiare chiare si confondono con le prime nostre poi quattro furgoni vetri scuri per non fare entrare il sole sono passati veloci davanti a noi che con ‘sta storia dell’open bar - gran genialata di pierpaolo esperto organizzatore di feste - si poteva bere senza limite, e siccome tutti noi, ho scoperto non solo i veneti, abbiamo fatto la guerra e anche la fame e chissà mai che non arrivi una carestia allora bisogna arraffare tutto quello che si può e allora bevi bevi aspetta almeno che finisco questo ancora lì sei dai bevi bevi e dai bevi e potete immaginare e poi il locale chiudeva ma noi ancora no e ce n’è giusto uno lì intorno che chiude tra due ore almeno e poi quando schiareggia si può non andare a fare un saluto al sorchettaro e da lui fare colazione? Stavo bene, io, dalle suore, ma pierpa mi ha obbligato a disdire la prenotazione e a dormire cioè a mettere i bagagli giù da lui, perché dalle suore il rientro è alle 22,30, orario che per me è fin troppo tardo, figurarsi, alla mia età, alle nove di sera ero già solito essere docciato e coricato sul mio giaciglio a godermi il ponentino che arrivava fresco su dalla pineta... Che ho fatto nelle ultime settimane? Ho fatto servizio navetta padova-aeroporti vari del nord italia, al soldo - si fa per dire - di un po’ di repubblicani moldavi di mia conoscenza di ritorno a chisenau e dintorni, e quando ero fortunato però il volo faceva scalo a timosoara, cosa che mi permetteva, mentre ero in fila, di studiare con attenzione decine di deretani rumeni, deretani degni di studio e di studio concentrato e attento - non c’è da dubitare - oserei dire perfino di studio matto e disperatissimo, ma più che altro disperatissimo.
“Cuosa significa questo caldo qui da vuoi, chie non c’è aria...” mi chiede Ljuba. Cuosa vuoi che significhi, cara Ljuba, qui funziona cuosì... posted by Umbe4:58 PM *** |
Avevo già pianificato tutto, la nostra vita insieme, i bambini... dovevo solo farglielo sapere. -ciao sono umberto senti puoi darmi il numero di cellulare di tua sorella? volevo farle gli auguri per il compleanno -si certo, ti do il numero di casa però. Se telefoni di sera, che non sia troppo tardi, ché mette a letto il bambino -.... -pronto? ci sei ancora? -... aaahh, così ha un bambino... bene! – dico, fingendo di essere contento -si, di otto mesi -aaahh...che bella notizia, davvero (non disperarti, umbe, magari l’infame è scappato via, l’usurpatore, oppure è passato a miglior vita, chissà) e dunque ha un bambino di otto mesi... -eh si! -che bello... un bambino... ed è sposata, ovviamente... (dimmi di no dimmi di no dimmi di no) -eh si, è sposata -ma che belle notizie mi dai, benedetta, sono contento, davvero. Ok, grazie di tutto, cioè, il numero non mi serve più, insomma, voglio dire, quando la vedi falle gli auguri da parte mia, ecco, io non credo che.. vabbè, ciao benedetta
La sede del consolato marocchino a bologna è un’autofficina dismessa in zona industriale, un bel prefabbricato quadrato e una bandiera arrotolata su sé stessa che non sventola... Ai due lati della strada, dall’uscita della tangenziale al consolato – cosa che mi è servita per orientarmi e trovare la sede – decine e decine di renault 19 e renault 21. Fuori ci sono trentaquattro gradi e un tasso di umidità al settanta per cento, dentro i gradi sono trentasette, l’ umidità scende – è vero - ma troviamo un tasso di flatulenze varie al quarantacinque per cento e, per il restante, un misto di cose difficilmente descrivibili. Devo dire però che tutti i funzionari sono stati oltremodo gentili, assolutamente disponibili e cortesi. E i quasi duecento figli del deserto hanno aspettato pazientemente e ordinatamente i loro turni, nessuno mi è passato davanti in fila, intendo dire. Nel lato corto del salone rettangolare puoi fare le foto tessera e le fotocopie, nel lato lungo a sx, l’ufficio vero e proprio, tre tavoli di legno allineati, quattro pc, due ventilatori, transenne in acciaio pesante a delimitare gli spazi riservati. Appesa al muro dietro i tavoli una bella foto grande del re, un po’ datata ma bella. I bagni, una struttura in cartongesso attaccata a uno dei lati corti, hanno le porte prive di maniglie, e credo che questa sia un’idea del poliziotto che prende le impronte digitali – tutte e dieci – così che, se per caso qualche impronta non si dovesse essere stampata bene sui documenti, lui può sempre recuperarla sulle porte dei bagni.
Ambasciata (e anche consolato, tutto insieme, per risparmiare spazio e soldi) moldava, Roma. Il Console svolge lavori di segreteria, prende i documenti e dà i documenti. Una zoccoletta entra e mi passa davanti nella fila. Scusi signorina, c'è una fila, le dico, non essendo lei caruccia, perchè altrimenti - mi conosco - avrei lasciato correre, e invece siccome non era caruccia non ho lasciato correre, lei si volta di scatto, faccia dura e aggressiva di chi ha subìto per una vita e ora si è stufata e vuole ribellarsi al sistema, e ovviamente aspettava me per cominciare, mi dice "che vuoi tu che sei venuto qui oggi, io sono qua da ieri" e si gira. Che cazzo di discorso sia, quale sia la logica per cui lei essendo già stata lì il giorno prima abbia dunque diritto di precedermi nella fila, e, beninteso, precedere me, mica gli altri suoi connazionali, questo, dicevo, lo sa solo lei, però trovandomi in territorio moldavo, ma soprattutto attorniato da una ventina di indigeni, di cui almeno otto appartenenti al genere maschile, facce quadrate su corpi quadrati, zoccoli ai piedi capelli corti in testa e lunghi sulla nuca perfetto stile "uomo dell'est", penso è meglio se sto zitto e lascio correre, eventualmente la mando aff più tardi, quando sono lontano, solo e ben chiuso nella mia stanza...
Entro nell'ufficio del console, e gli regalo una delle poche parole che so di rumeno, multumesc, e lui apprezza. Intimamente, però, perchè non lo ha dato a vedere, non ha cambiato minimamente espressione, nella sua faccia non si è spostato neanche un baffo, niente.
Avete mai giocato a monopoli, il gioco della propaganda capitalista per eccellenza, con gente dell’est europeo? A parte il fatto che è impossibile, visto che codeste persone non contemplano il concetto di proprietà privata, ma poi vengono fuori, seppure in scala, tutti i danni che ha fatto un lungo periodo di tirannia comunista in questo senso. E comunque, ho perso ugualmente. Pensate, ma non faccio fatica a crederci, che il monopoli moldavo ha alcune regole assolutamente diverse dalle nostre. Figurati. O almeno così me l’hanno detta, và poi a sapere. Allora, per cominciare, i terreni li compri solo quando, e se, la banca te lo concede, mica quando ci passi sopra. Dipende dalla simpatia che il bancario, o il banchiere, non so chi sia nel caso del monopoli, ha per te. In secondo luogo, secondo loro io non posso comprare dalla banca un terreno ad esempio di colore giallo, nel caso ci passi sopra, se un altro giocatore ne possiede già uno dello stesso colore. Gli spiego come funziona, e i vantaggi delle regole che ha il gioco che conosco io, convengono, e si adeguano. Se poi proponi di comprare a un altro giocatore un terreno che, mettiamo il caso, vale quattrocento euri, prima ti spara, con gli occhi luccicanti alla sola idea di tutta quella pecunia in arrivo, duemila euri, poi tu gli dici no te ne do non più di duecento, e lui più contento che mai ti dice si si (e vi ripeto che ho perso lo stesso...). Ogni tanto il funzionario della banca, siccome si annoia, prende il mazzetto delle banconote da cinquecento, mica bruscolini, che non so cosa siano ma si dice così, e regala a tutti i giocatori due o tremila euri. Igor non compra né case né alberghi, solo qualche terreno. A un certo punto noi siamo senza soldi ma con terreni case e alberghi, e aspettiamo gli sfortunati giocatori che ci capiteranno sopra, lui invece è strapieno di soldi, dal momento che non ha speso niente, ed è contentissimo così, non sa che da lì a poco sarà alla fame. Non investe nel mattone, questo è il suo sbaglio. E il mattone, si sa, tira sempre. Infine, quando tu sei senza soldi e passi su un terreno su cui uno ha messo case alberghi ristoranti villaggi piscine campi da golf chiese e musei insomma gli dovresti lasciare giù tre o quattromila euri, quello mica si frega le mani e ti dice dammi tutti i tuoi terreni visto che non hai più soldi e vattene fuori dalle palline, no, ti dice non preoccuparti me li darai quando ce li hai anzi tieni, e ti allunga una banconota da cinquecento o anche due... non che sia in assoluto un gesto deprecabile, no certamente, non dico questo, solo non è lo spirito del gioco, ecco, solo questo volevo dire. E invece, sapete chi ha ben radicato, ma proprio bene, il concetto di capitalismo proprietà privata e sfruttamento dei soggetti più deboli? Le suore della Misericordia di stanza a Roma! Così si chiamano, con un vago tono pure di presa per il culo, giacchè la misericordia di cui sopra è quella che hanno nei confronti solamente di esse stesse medesime seco. Quaranta euri per un materasso deforme sottile e scomodissimo, con sotto non il pisello quello famoso della principessa, ma sacchi e sacchi di piselli, e non piselli finissimi, che peraltro sono anche di qualità superiore, se li dovete mangiare, no, quelli grandi, per di più! Bagno in comune, che le suore mi avevano detto essere riservato a me, anche se in corridoio, e invece la prima volta che ci vado lo trovo occupato. Un pezzo di sapone e un asciugamani sono rimasti un desiderio. E stanza sporca umida e polverosa. E non ho finito. Ci aggiungiamo una suora, quella dell’accoglienza, rigidissima e scorbutica. Avevo detto al telefono alla nostra Adolfa Benita che sarei arrivato sulle sette-sette e mezzo, arrivo alle otto e mezzo, affannato e accaldato, e dico così perchè mi voglio un po' di bene ma in realtà facevo schifo per quanto ero sudato, la misericordiosa apre il cancello dico salve sono umberto quella neanche saluta mi dice secca “siamo in ritardo di un’ora, eh?” m’è toccato abbassare gli occhi e salire in camera in silenzio, vergognandomi come un delinquente. Meglio, molto meglio, assolutamente meglio, le Benedettine del giorno dopo, senza dubbio.
Stesso scomparto. Tre neri e tre bianchi, seduti, casualmente - sia detto – opposti per colore. Voglio dire, avremmo potuto metter su una partita di scacchi, avessimo avuto spazio per muoverci, e invece non ce n’era. Tra le fila dei bianchi, due simpatici napoletani, in viaggio da Trieste verso casa. Il terzo bianco, non è superfluo dirlo, per chi non ha mai visto il colore della mia faccia, sono io. Tra i neri, un giocatore di calcio inglese, seconda divisione, in compagnia del suo manager, gira alla ricerca di società calcistiche interessate a prenderlo. Il napoletano alla mia dx, gentile, dopo un po’ di conoscenza, allunga una mano al giocatore di calcio e gli offre una brioche: “U uò? U uò?” faccio fatica a capirlo io, figurarsi l’amico inglese, il quale apre gli occhi, lo guarda, con la faccia interrogativa, e richiude gli occhi. Il napoletano alla mia sx, conscio del fatto che il nostro ometto di colore non capisce una parola di quello che il ragazzo alla mia dx gli ha detto, cerca di mediare linguisticamente, e perciò gli ripete l’offerta cercando di parlare lentamente: “U uoi? U uoi?” dice scandendo chiaramente le parole. il campioncino apre gli occhi, lo guarda, faccia interrogativa, richiude gli occhi.
Evidentemente, non u uò, penso io.
-puzzola, mi ospiti un paio di giorni a casa tua? -che? due giorni? no guarda, volentieri, se vuoi venirmi a trovare, però no, due giorni, chi ti regge? -ma poi esco, mica sto sempre in casa... -ah beh, se poi esci, allora si, ti do le chiavi, stai un po’, poi esci, poi rientri un pochino, poi te ne riesci, allora si, così si può fare, però no, due giorni no, sono troppi... -vabbè, ho capito, lascia perdere
Nello scomparto, solo io e un rumeno. Ottimo, posso allungare le gambe e dormire. Il viaggiatore dell’est ha vissuto per anni in spagna e parla un miscuglio di lingue, ma si fa capire. Comincia a dirmi che cosa fa, dove è stato, dove va, che cosa ha fatto, dove scende, e mi da tante tante altre informazioni interessanti, io però vorrei solo dormire, lo ascolto un quarto d'ora, poi però mi si cominciano a chiudere gli occhi -scusa, amico, non è che non mi interessi la tua vita, per carità, però credimi ho assolutamente bisogno di dormire -ok, come vuoi, no hay problema. Passano otto o nove secondi, non di più -vuoi una banana? mi chiede gentilmente, aprendo la sua sacca da viaggio -no, grazie, sono a posto, rispondo con un bel sorrisone -vuoi una mela? mi chiede gentilmente -no, grazie, rispondo, pure gentilmente -vuoi del succo? mi chiede, gentilmente -no grazie, rispondo, non molto gentilmente -vuoi vino? mi chiede, sempre gentilmente -no, dico cercando di non essere scortese -birra? mi chiede gentilmente -no! cominciando ad alterarmi -coca cola? mi chiede gentilmente -no! comincio a ringhiare, alquanto seccato -licor? mi chiede gentilmente -no no e no! gli urlo, prendendolo per il colletto. No! ma sai che cosa vorrei? -cosa? mi chiede gentilmente, vediamo se ce l’ho.. -vorrei dormire! ok? dormire. Ho as-so-lu-ta-men-te bisogno di dormire, vedi di capirlo! gli vomito in faccia rabbiosamente, cercando di ricordarmi come funzionano le sillabe e dove va messo il trattino. -va bene, va bene, dice sommesso il mio compagno di viaggio, no hay problema, va bene
Sant’Elena e san Matteo, orate per me. Sant’Antonio da Carmignano (di Brenta), oro per te, ma anche tu per favore ora per me.
C’è chi va per chiese, chi per musei, chi per rimasugli archeologici, c’è chi c’è andato in questi giorni per salutare il Papa vecchio e chi il Papa nuovo. Ci sono andato anch’io per altri motivi, e già ch’ero lì mi sono disegnato una mappa tutta mia dei luoghi da vedere, e ho fatto gli appostamenti davanti a tutti i palazzi che mi interessavano con in mano uno straccetto e un lucido da calzature, pronto a inginocchiarmi e a lustrare le scarpe del primo personaggio che avrei visto avere le scarpe sporche. Non c’è bisogno di dire, ma lo dico, che avevano tutti le scarpe pulite. Vabbè. A proposito di Papa e di conclave, avete notato che magnifico tiraggio c’ha quella canna fumaria? E non usciva un filo di fuliggine, eh? Non se ne lamenterebbe neppure il prof di enea, portavoce di sua moglie e dei diritti delle sue candide lenzuola. Chissà che cosa bruciano per avere un fumo così pulito. Lo dico perchè io bruciavo faggio, sembra che il carpine e il ciliegio siano troppo duri, è vero che loro non ci devono cuocere le pizze, ma sicuramente tutti quei potenziali papi sanno bene cosa bruciare qual’è il legno migliore e si intendono di sicuro anche di canne fumarie. E probabilmente si servono di ottimi spazzacamini. Anche se, non vorrei essere polemico, però a me quella canna fumaria non sembra a norma, non è di acciaio e non ha un diametro di 22 cm. Sarà questione, credo, di deroghe, o forse è un prodotto d.o.p. e non è soggetta a tali norme, o forse in quello stato le norme sono diverse. Non lo so. Passeggiavo, dunque per l’Urbe, mentre parlavo al telefono con un nativo. -ma che strana la tua città, Cri, c’è gente che cammina con dei cartelli in mano... boh! Comunque, ti stavo dicendo... ah no, guarda, ma dai, stanno girando un film, ecco cosa sono quei cartelli, sono i pannelli per la luce... cosa? Ah si, scusi. Scusa cri, c’è una donna che mi sta dicendo di tacere, stanno girando una scena... -no, non di tacere – mi dice la tipa – di girarti.
...sigh sigh... cri, ma tu, ma porca miseria, ma dici che se anche si vedeva per sbaglio la mia faccia in lontananza, dici che gli rovinavo il film?
........
15,25 pm.
tocca riprendere in mano carta penna e calamaio e correggere il parto di stamattina, corpo di mille balene, con tutto quello che ho da fare. il fatto è che un cardinale ha rivelato in confidenza a qualcuno che poi l'ha rivelato a sua volta in confidenza a 74.376 giornalisti che poi l'hanno rivelato ai rispettivi mezzi di informazione (sempre in confidenza perchè non si deve sapere assolutamente niente di quello che succede all'interno del conclave) che la canna fumaria in realtà non ha funzionato così bene come sembrava dal tiraggio - e allora funzionava meglio la mia - e che un paio di tentativi fatti per la fumata finale sono andati male, così che a un certo punto la cappella sistina si è riempita di fumo, per la gioia di quei cardinali che avrebbero voluto un papa del sud del mondo e che hanno intravisto per un attimo l'immagine di un papa nero. di fuliggine, certo, ma sempre nero. o tuttalpiù marroncino...
amici! penne e palline anti-stress hanno sortito il loro effetto, hanno raggiunto il loro obiettivo. leviamo inni di gioia! leviamo anche i calici, però. posted by Umbe6:24 PM *** |
Thursday, March 31, 2005
bassa padovana, ore 16,04 -scusi, via rondello, per favore? -guarda, segui dritto per la provinciale, alla prima giri a destra, superi l'amplesso e poi -supero l'amplesso? -si si, superi l'amplesso e poi la trovi alla tua sinistra -ok, allora supero l'amplesso (guardi che lo supero, eh?) posted by Umbe9:19 PM *** |
Monday, March 14, 2005
mi sento un po' come il travis bickle di taxi driver, solo che non c'ho il taxi giro per la bassa bassissima padovana con una smart di cilindrata inferiore a quella di uno scooter uno due non lo faccio per amore tre mi prendo una montagna di parole insulti offese. a buon rendere.
1) mi sta sulle balle che non esista il participio passato di esimere!!!
l'altro giorno mi serviva, e non mi veniva, mi serviva e non mi veniva, e per forza non mi veniva, non esiste. però non si fa così, lasciarmi lì come un cretino, a cercare la forma giusta, guardando per aria, con la faccia da ebete, a cercare quello che non si può cercare...
2) sms di oggi quattordici febbraio di una innamorata al suo bello:
Sono nato in un piccolo paesino di campagna, dove ho trascorso la parte più bella della mia esistenza, e ci sono rimasto anche negli anni successivi, e cioè quando ho cominciato a frequentare l’asilo.
Questo per dirvi che conosco il modo subdolo ma non per questo meno evidente e goffo delle persone di intavolare un discorso generico e poi fare con finta e per niente disinvolta indifferenza domande personali su questioni di cui in realtà si sono già occupate, e di cui hanno già la risposta, avendo precedentemente sprecato il loro evidentemente non prezioso tempo in faccende a loro estranee. Ho constatato poi che in realtà il comportamento si ritrova pure nella popolazione urbana, seppure in percentuale minore. I motivi sono diversi, e la cosa non mi riguarda. Quello che mi riguarda è il modo in cui io reagisco a questa scenetta. Mi piace di più - molto di più – (assolutamente di più) la spontanea, tra conoscenti o anche amici, con un’accezione qui non del tutto appropriata del termine amici, e diretta interlocuzione. Non c’è niente di male a far questo, ma fingere e girarci intorno, far finta di arrivare a sapere qualcosa da qualcuno per poter metterci bocca, o per questa inconcludente voglia di giudicare, senza però volersi rivelare per comari pettegole, chè è solo di questo che stiamo parlando, anzi, che sto parlando, uff che palle, che comportamento odioso…
Trentanove anni fa mi sono trovato in casa di una di queste persone, pensando di essere stato invitato a cena da un amico, e invece ero stato invitato a un interrogatorio, e alla terza domanda consecutiva, quando invece di un piatto in tavola mi sono trovato una lampada puntata addosso, mi sono dispiaciuto col mio amico di non aver portato con me il libretto con i miei appunti personali, avrebbe potuto essermi di aiuto ed evitarmi il rischio di dimenticarmi di qualche fatto importante che riguardava me o qualcuno della mia famiglia di cui lui doveva assolutamente essere al corrente. Un paio di sorrisi poco sorrisi, il mio e il suo, alquanto diversi e per la forma e per i sentimenti che li avevano espressi.
Il mio babbo natale quest’anno doveva avere una maglia a strisce e doveva arrivare già prima del venticinque di dicembre, un paio di raccomandate con ricevuta di ritorno ma nessuna risposta. Sprecherò i soldi di un’altra raccomandata per esprimergli i miei mutati sentimenti verso la sua generosissima e onorevolissima persona.
Trentanove anni fa stavo uscendo da casa di un amico, che mi aveva invitato per cena, e salutandomi mi raccomandava di non sparire di farmi sentire di chiamarlo ogni tanto. “vedi – gli ho detto – è che a casa mia io ci sto tanto bene, ci sto proprio bene, e quando esco e incontro persone, beh, mi confermo nell’idea che a casa mia ci sto davvero bene…”
-cos'è 'sta lagna? - chiede mia madre, riferendosi alla melodia dei clannad, nel lettore cd da neanche quindici secondi, mentre in auto torniamo da qualche posto - non puoi rimettere la musica allegra di prima? dice riferendosi alle barbe dei dubliners, e allora, donna - dico io - ho la musica giusta per te senti questa, e ci schiaffo su il vecchio Cash, e in omaggio natalizio comincio anche a raccontarle la tenera storia d'amore tra lui e la Carter, terminata su questa valle di lacrime con un finale degno della storia, e lei apprezza.
la musica, perchè la storia non ha voluta sentirla.
però la musica si, le è piaciuta.
La danzatrice dell’est appena arrivata, evidentemente, a occupare l’appartamento adiacente al mio, che già fu abitato da una collega e poi da un’altra e poi da un’altra, deve avere una concezione non del tutto appropriata delle porte blindate e della funzione specifica delle chiavi o forse anche del concetto stesso di proprietà.
Mi suona il campanello, mi dice, in un italiano molto ma molto ancora lontano dall’essere parlato, che si è chiusa fuori e che le chiavi sono rimaste in casa, e mi chiede se per favore posso aprirle la porta con le mie chiavi.
-Guardi, mi spiace, non funziona proprio così. non ha altre copie?
-io no, dice, il mio padrone, ma non possiamo almeno provare, per favore?
-guardi, signorina ciccia, si fidi, non è proprio possibile, l’unica cosa da fare è chiamare il suo padrone di casa
-ma neanche tentare?
-ma le pare, mi creda, che discorso è, no, si fidi. Invece, vuole entrare da me e chiamare il suo padrone, vuole aspettarlo qui? dico fregandomi le mani, dal momento che casa mia non vede una ciccia da settimane, e questa è mica male
-ma no, guardi come sono messa! dice, indicando una tutina-pigiamino molto invitante, che - detto tra di noi – era proprio il motivo per cui l’avevo invitata a entrare, e poi il telefono ce l’ho in tasca, dice, e giustamente, penso io, uno che si chiude fuori casa ha l’accortezza almeno di prendere il telefonino, prima, che discorsi.
-vabbè, signorina ciccia, lo chiami, e poi se ha bisogno di qualcosa comunque io sono qui, suoni pure, per qualsiasi cosa
La mia faccia allupata deve averla messa sul chivalà, indovinate un po’, mica si è ripresentata.
non mi mancherebbero gli argomenti per riscrivere il "de otio"...
per carità, cristian e davide sono bravi, niente da dire, lavorano molto bene e fanno un'ottima pizza, sicuro. e irene e daniela la portano ai clienti come nessun altro, certo. niente da dire nemmeno sull'ottimo caffè di eliana, ci mancherebbe, davvero il migliore della città. ma.... e meno male che qualcuno mi rende giustizia, le mie insalate, vogliamo parlarne, le mie linguine al limone, l'avete mai assaggiate?
-mi piacerebbe fare il lavoro che fa topolino
-il lavoro che fa topolino?
-si, il lavoro che fa topolino
-e che lavoro fa topolino?
-chiedi che lavoro fa topolino? non sai che lavoro fa topolino?
-ah, si, beh, topolino fa il... ehmm... fa... uhmm... fa il... ehm...
-ecco, appunto
“Grazie per essere venuto fin qui da Padova”
Siamo andati, io e la mia tutù, a farci un giro. Destinazione: una città di queste. Mi trovo un route planner in internet, inserisco luogo di partenza e di arrivo. Il programma mi fa scegliere il tipo di strada che preferisco ed eventuali passaggi intermedi, dopodiché mi regala il chilometraggio tra i due punti, il costo dei pedaggi e mi calcola il tempo necessario per coprire la distanza. Nella legenda, dopo le indicazioni, dice testualmente: “il tempo indicato non include: soste, fermate o rallentamenti dovuti a particolari problemi (traffico, condizioni meteorologiche…)".
Ma, dico io, ma – e devo ripetermi (e parlo del ma) – ma che cacchio di route planner è mai questo? Lo so da me quanti km ci sono da qui a lì! Non ho bisogno che me lo dica tu quanto ci vuole, lo so anch’io quanto tempo ci metto a fare tot km! Se mi servo di un route planner, è proprio perché voglio che mi conteggi anche il tempo che ci impiega il benzinaio a farmi il pieno, che mi calcoli il tempo delle soste caffè-cicca all’autogrill, che mi dica se troverò pioggia o sole o neve, che mi avverta se troverò traffico, se ci saranno incidenti, cantieri di lavoro, se starò fermo un'ora alla barriera di mestre, per tutti i diavoli, se no, che me ne faccio di questo bel programmino, eh?
Ma dai…
“Grazie per essere venuto fin qui da Padova, le faremo sapere”
Mentre sergio vogava fluido e leggero timonato dal suo presidente, fast dava dimostrazione di come invece non si deve vogare alla veneta. La forcola è bassa, si giustifica, mentre dagli argini la folla dell’est lo ricopre di insulti sputi e pomodori maturi già l’anno scorso. Jena ridens arriva in bici con consorte. Noi, che abbiamo la panza, alla sagra del folpo ci arriviamo invece con la padovanella, barca a motore, chiaro, e scivoliamo affamati giù per il piovego, piovego che in tempi andati aveva un ruolo molto importante per i trasporti terra mare, collegando Padova e Venezia, e che oggi invece, oltre che agli "amissi del piovego" per raggiungere le sagre della riviera, ha la sua funzione nell’accogliere i cadaveri di drogati morti ammazzati, di drogati morti non ammazzati, ma a volte anche di morti ammazzati non drogati.
è d'uopo andare in farmacia e comprare una pomatina per i miei dolori di vecchio, giacchè ho finito la cremina di cebo de coyote, aceite de vibora e veneno de abeja, arrivata dal messico, di cui mi aveva fatto dono, a porto, la zia, naturale di jo e acquisita di enellaman. cremina che aveva portato a casa per sè, ma che, dopo che ebbe conosciuto un vecchio e i suoi dolori di vecchio, non se la sentì di tenere per sè. thè con la nonna e le amiche della nonna, che ci provano col nipote, si cena stanotte con i pastéis, ottima qualità, si fuma messico e si beve messico, e nessuno si tira indietro.
di lui non so niente, se non che è un ragazzo cortese, belle maniere, modi gentile, e che nei suoi 4 garages ha un parco mezzi invidiabile, macchina, biciclette di tutti i tipi, scooter vari dai 5occ in su, gommone, moto... ci passa i pomeriggi e le domeniche, a lucidare il tutto.
lo trovo in ascensore.
-ah, tu abiti al secondo? mi chiede, guardando dove poggia il mio dito indice
-si, e, ah, tu abiti al settimo! dico, guardanto il pulsantino illuminato
-si. qual'è il tuo appartamento, questo? mi chiede indicandolo, dal momento che è uscito sul pianerottolo al secondo per poter continuare la discussione. anzi, l'interrogatorio.
-si
-e quante stanze?
gli rispondo
-e quanti metri?
gli rispondo
-comprato?
-si
-mutuo?
-si
-stai ancora pagando?
-si
-quanti anni?
-se me lo chiedi fra dieci anni, ti risponderò che lo sto ancora pagando
-e quanto, di mutuo?
comincio a stufarmi, ma decido di essere gentile, ho mal di testa, non ho voglia di fare una delle mie faccette. gli rispondo
-ah - dice, sorridendo, con un mezzo ghigno di soddisfazione e di compiacimento - ne hai ancora da pagare....
si, grazie, non che non lo sapessi, ma comunque fatto bene a ricordarmelo, sia mai che domenica mi fosse venuta voglia di una pizza, idea insana...
il dottorando ci aveva pure inviato una mail, ieri sera alle dieci e mezzo, non che la cosa potesse essere di qualche aiuto ma insomma, tanto per sapere che cosa ci aspettava stamattina. io a quell'ora dormivo e la mail l'ho letta solo oggi, nel pomeriggio, e dunque quando l'ho letta sapevo già. sapevo già che la prova era un test per testare la lingua inglese, e niente altro. per chi la sa. test di comprensione, e composizione. e poi un piccolo colloquio. in inglese. per chi lo sa parlare. la addetta a provare la mia conoscenza della lingua mi fa una domanda, per fortuna la capisco, è pure semplice, rispondo con un monosillabo. penso che meno parlo e meno errori faccio. ottima tattica, così per riempire i cinque minuti lei ha tutto il tempo per sparare domande a raffica. me ne rendo subito conto e decido di cambiare strategia:
-le dispiace se continuiamo in italiano?
-si, mi dispiace, non è il caso, continuiamo in inglese
ok, dico, e invece continuo a parlare in italiano.
lei ride e mi dice ok, può andare
chissà come l'ha presa...
colloquio vero e proprio nel pomeriggio, dice il dottorando, ma non preoccupatevi, è in italiano.
-scusate, ragazzi, vi devo dare una notizia poco simpatica, il colloquio è in inglese.
qualcuno dice ok amici io corro a prendere il treno qualcuno bestemmia qualcuno sbuffa. siamo tutti contenti. tre i prof in commissione.
-facciamo la lista d'appello, prima chi viene da fuori, poi chi ha problemi di tempo, poi chi ha problemi di lavoro, poi quelli bravi, poi i belli, poi gli alti, quindi i magri, infine gli altri.
alla categoria degli altri, rimaniamo in due, ordine alfabetico e io risulto l'ultimo.
-are you the last one? chiede il primo da sx della commissione, sapendo benissimo che sono l'ultimo, e ride, pensando forse all'ambiguità dell'affermazione
-bad position! dice il secondo, e ride, chissà perchè, mi alzo per afferrarlo per un orecchio ma deve dire la sua anche il terzo
-e lei è pure il numero diciassette! e ride, ci mancherebbe, ride pure lui....
ritorno a sedermi, porto lentamente la mano destra chiusa a coppa sopra i genitali e attendo rassegnato lo sviluppo del colloquio.
giornata tranquilla, al lavoro. nel senso del lavoro. inforno un pollo per il table corner e fumo una sigaretta, spadello una penne al salmone e mi faccio un caffe', racconto a Dominica che babbo natale e' passato in cucina ha poggiato i sacchi ha infornato le slices ha ripreso i sacchi e se n'e' andato, e fumo una sigaretta. al table 2 s'e' seduto il suonatore di chitarra che stamattina mi incantava in grafton street, un grandissimo ma davvero eccellente suonatore vecchio americano voce deliziosa che suona una chitarra particolare che si e' costruito da se' si scambiano due parole devo correre al lavoro sorry man metto una monetina pesantuccia sulla custodia e penso alla vita che deve fare, alla sua eta', chissa' dove dormira' stanotte, poverino... e invece si strafoga per diciannove euri e ne lascia quattro di mancia! all'hilton, dormira', il vecchiaccio, altro che ponti! ma poi penso. medito e rifletto. e ricordo quello che ha detto ai suoi detrattori un vecchio piu' grande di lui, che pero' quarant'anni fa non era ancora cosi' vecchio, e parlo dell'uomo del minnesota, che dove sta scritto che un artista per essere tale deve per forza essere un morto di fame? gia'. ha ragione. il vecchio canta e suona divinamente si guadagna la pagnotta e si spende i soldi dove meglio crede. chiedo venia, ho peccato di superbia. in senso lato, ma di superbia si tratta. mangia, vecchio mio, mangia e poi suona e canta e incantami. scolo le linguine e intanto il bettiat gira per la citta'. l'ho fatto venire su in veste di avvocato, perche' gia' comincio ad avere dei problemi, qui. sono qui da due mesi, passeggio per la citta' e gia' devo evitare di passare per certe vie e sperare di non incontrare certe persone. mi tirano in ballo in delicate trame che si impantanano in un viscido pastone dove si mescolano questioni di lavoro e affetti personali, ma io che c'entro, ma a me ma che mi importa ma lasciatemene fuori... mai detto che la signora va in giro a dire che sei una puttana. mai sentita dire questo, e mai detto a nessuno di averglielo sentito dire, perche' girano ste voci, ma perche'... e non chiedermi di riferire davanti a tuo moroso, il mio capo, che sua mamma dice questo di te, e non chiedermi tanto piu' di dirlo davanti a tutti e due. ma perche' io, ma siamo in tanti, qui... se dovessi parlare, ma non ho assolutamente niente da dire, o rovino una coppia, o una famiglia. il clima e' davvero teso. io scappo. chiamo mia madre. ho bisogno di sentire i miei affetti piu' cari, cerco comprensione, ascolto, amore... oltretutto non sento i miei da una settimana. - heila', ciao, mi passi la mamma? ..... - e' stanca, non c'ha voglia di venire al telefono, puoi richiamare domani? ...fanculo! alla facciaccia degli affetti familiari! aspetta, adesso, aspetta che ti chiami ancora, vedrai se non faccio passare un'altra settimana! ritorno alle mie lasagne, tre porzioni al table 1, una senza parmigiano. e anche una mixta salad, per favore. il cielo e' grigio. meno male. il sole mi sta sulle balle. i miei colleghi amici mi guardano con occhi di commiserazione e compatimento -sei nella merda, eh? -si, cazzo, si, signorefachefabiononpassidiquaoggi ptciu' ptciu' prometto che saro' tanto buono e che mi comportero' bene ptciu' ptciu' e che attraversero' sempre le strade sulle strisce pedonali e pure col verde, prometto! cri si e' incazzata. intercetta un mio messaggio a un suo familiare in cui chiedo qual'e' con esattezza il giorno del suo compleanno, so che e' in settembre ma... "scommetto che i compleanni dei culi da passeggio che lavorano con te quelli te li ricordi tutti!" in effetti... eh eh no dai non e' vero. ok, decido di cominciare dall'1 settembre a inviarle un messaggino di auguri tutti i giorni, prima o poi lo imbrocchero', dall'1 al 30. l'1 sett. mi risponde "non e' oggi, mi deludi, sparisci dalla mia vita, non farti piu' sentire". -ok pucci ti chiamo domani, ciao, bacio. il 2 sett. mi dice "non e' oggi mi deludi sparisci dalla mia vita non farti piu' sentire. e non chiamarmi, domani, per farmi gli auguri". lo interpreto come un voler farmi sapere che il giorno successivo e' il giorno quello giusto. il 3 sett. invio il solito messaggio. mi risponde, e qui non vi aspettereste questa risposta: "non e' oggi mi deludi sparisci dalla mia vita non farti piu' sentire" "ok, puccellona, passa una bella giornata, ti chiamo domani" il 4 sett. mi ricordo che il compleanno e' il 5, pero' penso che sia quel giorno li' il cinque, che invece e' ancora il quattro, e le mando il solito messaggio. mi risparmio di riportare la risposta, la potete leggere due righe sopra. il 5 vedo un calendario e scopro che il 5 e' quel giorno li' e non il giorno prima, che tanto per non perdersi nei ragionamenti, era il 4. invio il solito messaggio e finalmente la risposta e' stata diversa, e terminava addirittura con dei ringraziamenti. diosialodato. racconto la barzelletta del pedofilo a eliana, che non apprezza per niente e fa la faccia schifata. racconto la barzelletta del pedofilo a cristian, e in omaggio ci aggiungo quella di heidi e del nonno, e lui si che mi da soddisfazione. -una amatriciana e una bruschetta 4 al table 3 per favore -pronti, arrivo una coppia di padova provincia si siede in sala, lo chef e' di padova, gli fa sapere eliana, due piu' due fa quattro e rosso di sera bel tempo si spera e chi fa da se' fa per tre e dunque devo uscire, non posso esimermi, eccomi qui, si, molto piacere, chissenefrega, bravi, tanti saluti a casa. gogarty, 2:00 am -slainte, rachel! -cosa? -slainte! -cosa? -...slainte... -eh? -...cheers... -ah, adesso, ho capito. guarda che slainte non significa cheers in irish! -ma come, ma cosa mi dici, ma se... ma quando... ma no... -no! -ma prova a chiedere in giro, ma se me l'ha detto betta, lei le cose le sa, non puo' essersi sbagliata... consultazioni tra indigeni. -hai ragione tu. ma guarda un po' se mi devo fare insegnare l'irlandese, io, straciccia irish, da un italiano... -ah ecco, adesso si che va bene! e dunque questa e' tua sorella... -si, e quella e' mia madre (aaah, quella li' ubriaca spolpa, con la faccia da zoccola?) -aaah, quella li'? tua madre? brava, madre, brava, hai fatto un buon lavoro, qui, con la prole, tu e tuo marito, si intende...vabbe', ho capito. amico, possiamo anche andare. e' stato un piacere salutami il cane e anche il tuo mandrillo, ciao. messaggio contemporaneamente con cri e mia sorella. al secondo o terzo messaggio alternato sbaglio e inverto le destinazioni, le conversazioni si frappongono. una mi chiede "ma sei ubriaco fracico, gia' a quest'ora?" l'altra scrive "non e' carino far venire gli amici e poi farli dormire in aeroporto.... " eh gia'! il bettiat mi aveva anche chiesto se poteva fermarsi da me, e io gli ho detto no guarda da me no pero' puoi dormire all'aeroporto non e' male le panche sono comode ed e' anche economico solo non ti danno la colazione, ecco. e' ripartito oggi, l'amico. speriamo bene. l'ho accompagnato al check-in, l'ho incanalato nell'area giusta, gli ho indicato da lontano, non potendo entrare all'imbarco, il gate A. mica per niente. mica perche' all'aeroporto ci sono stato ventisette volte in venti giorni, ritiro e consegna auto a nolo ritiro e consegna cri ritiro e consegna bettiat oltre al ritiro della mia persona, quando sono arrivato. mi sono aspettato alle transenne col cartello in mano e mi sono accompagnato in citta', pero' ora non stiamo parlando di questo. il fatto e' che all'andata il nostro ha pensato bene di andare all'aeroporto di verona, dice li' c'e' un aeroporto perche' non dovevo pensare che il mio volo partisse da li', giusto, dico io. e intanto, mentre lui polleggiava a verona, a brescia un bell'aeroplanino bianco e blu si alzava leggiadro nella notte con un sedile vuoto e un cartello "missing". ora puo' lamentarsi del fatto che le panche dell'aeroporto di brescia non sono per niente comode, a dormirci la notte. eliana gli consiglia quelle di bruxelles, li' si dorme veramente bene. "magari la prossima, dice il bettiat, certo, perche' no, non manchero, grazie". e mentre a brescia albeggia e nasce un nuovo giorno e gli uccellini giocosamente svolazzano, a londra un bell'aeroplanino bianco e blu si impenna e si innuvola, con un sedile vuoto e un cartello "missing". a londra il ragazzo si perde nei meandri del grande mostro, si s'imbuca nell'area (sbagliata) Senza Ritorno, si mette a piagnucolare, deve arrivare la sicurezza per poterlo fare uscire e in furgone lo accompagna li' dove si puote cio' che si vuole, cioe', che si deve, insomma, il gate giusto. no, perche', si giustifica, giustamente, a me sembrava un 4, quello, e invece era un 41... arriva al gate, e dopo tutti questi casini pensa (e pensa di pensare bene e invece l'immediato futuro' dimostrera' che invece pensava proprio male) di meritarsi una sigaretta, e l'area fumatori si trova in fondo a un corridoio che non e' un corridoio, e' una provinciale, e il ghetto per questi inopportuni peccatori e' praticamente allocato in un'altra cittadina, e cosi' quando il signorino torna all'imbarco, non ci trova piu' nessuno, imbarco chiuso. riesce a trovare ancora qualche lacrima nella grande saccoccia della disperazione, esce una tipa si impietosisce e gli dice ok pero' muoviamoci. -carta d'imbarco? -.... ehmmm... ops... non la trovo piu'.... l'ha persa. dico, l'ha persa! buon vecchio bettiat... mentre rivoli di bava gli colano dagli angoli della bocca e gli rigano pietosamente il mento, arriva una hostess con la carta d'imbarco in mano, l'aveva trovata a terra e visto il numero del gate ma soprattutto il nome del nostro amico, e aveva capito tutto, perche' gia' lui era diventato la barzelletta del mese tra il personale vario di questa bella compagnia aerea che costa poco, e pero', detto tra di noi, vale anche meno. e il bettiat piange, ancora, ma questa volta di commozione. a dublino mi manda un messaggio, dice a sto punto non so dove sono, pero' il cielo e' grigio, potrei anche essere in irlanda... io sono qui, a farmi dare del cabron almeno otto volte al giorno da irene, "mira, que cabron" mi dice... ho trovato peter oggi, per strada, il mio locatore. vi racconto piu' o meno come si e' svolto il dialogo tra lui e me, che gia' capisco poco l'inglese, non vi dico l'accento irish, e peggio ancora, l'inglese con l'accento irish del vecchio borbottone farfugliante peter. ho capito quattro o cinque parole, nel discorso: friend, wash dish, night, clean kitchen. dunque, inizia a dire: -your friend (riporto solo le parole che ho intuito) friends night -si, c'e' stato un amico (cazzo mi ha sgamato ora vorra' dei soldi in piu') ma solo per qualche notte... e comunque era uno, one -no, more friends -no, scusa cazzo, no, ti dico, era uno -no, no, more e mi sembra di capire old -30! gli dico, esultante -no, more -no, davvero, trenta anni, peter. -no, no, friend clean kitchen -ah, si, devo pulire la cucina (ma a te chettefrega saranno affaracci miei se e' sporco...) -no, no, your friend -ah, si, doveva pulire lui la cucina -no no, wash dish night -ah, adesso ti ho capito, peter, cazzo, spiaccicale bene le parole, si, ha lavato i piatti di notte e ha fatto casino e allora si sono lamentati, di sotto (ma quando ha lavato i piatti? boh, forse stavo dormendo...) -no, no, your friend -ah, la doveva pulire lui -no, no... -senti, peter, qui non ne usciamo piu', hai la bocca impastata, ne riparliamo, ok? qui comincia ad avere un'espressione un po' particolare, che butta sul rassegnato ma anche frustrato. e ricomincia -when you clean.. -ok, ok, poi pulisco tutto -no, no, night wash dish -insomma, li devo lavare sti piatti si o no? li lavo stanotte? dopo dieci minuti, giuro, dieci minuti, ho capito: tutto quello che voleva dirmi era che un suo amico aveva bisogno di due ragazzi per farli lavorare in una cucina, come lavapiatti, se conoscevo qualcuno... -ok, dunque, riparti -si -beh se torni chiamami il numero ce l'hai -gia', come no. dici cosi' adesso, perche vuoi che ti pulisca casa come l'altra volta, eh, che ho dovuto comprare di seconda mano una di quelle tute bianche protettive e antinfettive che usavano tempo fa all'aeroporto di hong kong per fare i controlli della sars, per avere il coraggio di entrarci, in quella casa.... che sulla porta di legno sono incise scritte arabe che chissa' cosa vogliono dire, che il mio vicino e' un medio-orientale che se tutto va bene commercia in plutonio di contrabbando e C4, e nella migliore delle ipotesi mi disturba sempre con lo sciacquone del cesso gia' che va al bagno ogni venti-venticinque minuti, chissa' che problemi deve avere, poveretto.... vabbe'. visto che sono qui, al call center, chiamo casa. si, lo so, mi ero ripromesso con me meco medesimo di non e invece chiamo lo stesso, figurati, ci mancherebbe, alla fine come faccio, lo so... vediamo se stasera mia mamma se la sente, di venire al telefono, se non le e' di troppo disturbo...
il listino presenta la doppia dicitura, inglese e irish, cosi chiedo il mio bicchiere in irish. betta mi spiega che non c'e' bisogno di articolo e nemmeno di preposizioni, l'irish declina, ma non in questo caso, giacche' la parola non e' irish. dunque, "pionta guinness" chiedo col sorriso ebete del bambino ebete. "vale" mi risponde la cameriera. "vabbe" dico io. sara' per un'altra volta. oggi prevengo, e chiedo, allo stesso pub, ma a una cameriera diversa "sei irish o spagnola?" "spagnola". vabbe'! "una cerveza, por favor" che te lo dico a fare.... lezioni di inglese al lavoro, datemi da chi si picca di parlarlo bene: "vedi, umberto, l'inglese e' strano, e' pieno di giochi di parole, non e' come l'italiano..." gia' il discorso non mi torna, ma taccio, e annuisco, faccia sorpresa "aaahhh...!" (presente drugo, o drughetto, o drugantibus, quando walter gli parla dell'arrivo in citta', anni prima, di jesus? stessa intonazione, in quell' "aaahhh...!) per esempio - continua - per dire "comunque" in inglese si dice "bai de uei" (gia', penso io, questo lo so, by the way, certo) azzo vuol dire, direbbe l'italiano, "compra la via", non ha senso, e infatti io, che sono italiano, mi chiedo "azzo vuol dire..." aaaahhhh!!!! chiacchiere e distintivo. chiacchiere e distintivo, sei solo chiacchiere e distintivo. .....ptc.... mavaffanculo! (presente il succitato drughino, al magnate del tappeto? proprio cosi')
il sempre ottimo johnny cash esce dalle cuffiette che collegano tramite cavo le mie orecchie al lettore atrac plus. niente di meno. nel negozio c'era praticamente una intera scaffalatura con l'opera omnia del vecchio: sara' mica nato qui anche lui? no perche' sembra che siano nati tutti qui. e a proposito, ieri il vecchio alla chitarra ottima voce tecnica eccellente e musica divina ha cantato the girl from the north c. e pure con l'armonica e alla fine ha detto che la canzone era di cash il cui nome e' sempre johnny e io a quel punto mi sono alzato per andarmene e il flauto gli ha detto anzi il flautinaro gli ha detto guarda amico ti sbagli e' del profeta e allora lo strimpellatore si e' scusato dicendo che l'aveva cantata anche l'amico johnny ma che si in effetti era di dylan e allora ho pensato che a quel punto potevo anche sedermi di nuovo anzi che dico sedermi stavo in piedi comunque intendevo dire fermarmi ancora un goccio cioe' no scusate volevo direun poco. dunque, 4 giorni out, per l'incredulita' dei miei colleghi. congiuntura favorevole degli eventi, dovuta al ritorno di draculessa dalla transilvania e al mio passaggio in pizzeria con ancora presente il pizzaiolo che ora sostituisco il tutto coincidente neanche farlo apposta con la permanenza in irishland della contessa del buon albergo. aeroporto-tutu' a nolo-via verso nord. se volete prendere una cartina potete seguirmi nel mio viaggetto. che fate! drogati! non ho detto di rollarvi uno stroppone e fare quello di viaggio, malati che non siete altro. orbene, la simpatica e sorridente nuova micra color grigio-fragola prende la N1 in direzione Belfast, supera Drogheda gia' vista e annusata e questa volta evitata per non sentire quell'orrenda puzza di pesce imputridito che la caratterizza fermatina a Dundalk per una irish breakfast neanche cento km e un'ora di viaggio e gia' mi trovo una multa sul parabrezza ancora cinque minuti e arriva il boia a inganasciarmela vedo il vigilastro lo rincorro lo raggiungo mi prostro mi inginocchio mi flagello un po' mi metto a piangere lui si impietosisce torna con me alla tutu' si riprende il biglietto e dice ok ok non preoccuparti e' tutto a posto ringrazio e scappiamo via verso l'irishland del nord. nessun confine nessun posto di blocco la gente potrebbe anche tirare bombe a destra e a manca e infatti le tira e una arriva proprio sul cofano della micra riesco a scartare la bomba scivola via e quando scoppia la vedo da lontano sullo specchietto retrovisore ma tanto siamo gia' a Newry, passiamo per Banbridge poi Lisburn appena sotto Belfast la aggiriamo anche se avrei tanto voluto pellegrinare fino ai luoghi natali di van the man nienta da fare non c'e' tempo si devia verso Antrim indi poscia verso Ballymena dove il mio navigatore mi fa menare se mi permettete il gioco di parole le balle facendomi si imboccare la A42 ma nella direzione opposta a quella voluta poi finalmente prendiamo la costa a est sopra Belfast e non la molliamo piu'. la fame ci attanaglia ma siccome non siamo in strada battaglia non c'e' badole e non c'e' anzi proprio una sega e comunque anche se ci fosse non abbiamo sterline ci siamo dimenticati entrambi di comprarle da carroll che li' si trova tutto e dove siamo non ci sono banche e non ci sono bancomat. sfacchinata a piedi per raggiungere la giants causeway che di gigante c'hanno solo il nome arrivi e ti ritrovi davanti a quattro sassetti belli per carita' ma sempre di sassolini si tratta. imprecazioni al finto gigante che la leggenda vuole abbia fatto una passerella per raggiungere una ciccia in scozia e riprendiamo la strada. sfioriamo Coleraine e Derry e' sera abbiamo fame e dobbiamo trovare un B&B e percio' dobbiamo uscire dal regno della sterlina e pensiamo di ritornarci l'indomani. qui troviamo al confine inesistente dei militi veri schioppo in mano fermano qualche auto ma solo in entrata e percio' la cosa non ci riguarda. cominciamo a risalire la penisola di Inishowen il punto piu' a nord dell'irishland e sicuramente il posto piu' bello del nostro piccolo viaggetto B&B a Moville piccolo villaggio di pescatori poggiamo le valigie beh insomma valigie gli zaini ecco usciamo fish&chips e pinta ovviamente al pub dei nonni il piu' smarso e pero' sicuramente il piu' bello perche' il piu' autentico col vecchio che cerca di tirarmi su una torta e la vecchia sua moglie che gli dice di stare un po' zitto e lui invece continua "italy? ah italy turin turin" si bravo dico io sei un fenomeno sai la geografia. ci si sveglia rilassati e riposati due chiacchiere con la nostra ospite del B&B: -andate a Derry? -si -noooo! -nooo? -nooo! c'e' una manifestazione non e' detto ma potrebbero esserci troubles evitate fidatevi evitate -che troubles scusi? -no guarda p con troubles loro chiamano i disordini lascia perdere andiamo via -si ma oggi e' sabato e io non ho mai sentito parlare di un bloody saturday solo di una bloody sunday -no no, lasciate perdere ok. lasciamo perdere. pero' mi spiace. si riprende dunque verso la punta piu' settentrionale di tutta la faccenda qui di cui si parla punta dove qualsiasi cosa reca il cartello "piu' a nord dell'irlanda" e dunque cartelli e insegne con la pubblicita del B&B piu 'a nord dell'irlanda del negozio piu' a nord dell'irlanda della capra piu' a nord dell'irlanda del benzinaio piu' a nord dell'irlanda. l'unico che ci interessa e' il farren's pub the ireland's most northerly pub in mezzo a 4 ma 4 per davvero case clima stupendo barman cordiale che mi spilla una pinta con la schiuma su cui ha tracciato muovendo il bicchiere un perfetto trifoglio. un artista. camminata fino a Malin Head la punta estrema dove faccio la pipi' piu' a nord dell'irlanda e tiro a cri la scarpata sugli stinchi piu 'a nord dell'irlanda lei non vuole essere da meno e caccia il terrificante urlo di dolore piu 'a nord dell'irlanda. contenti, scendiamo. fermatina veloce a Buncrana sfioriamo Letterkenny pizzichiamo Donegal spesa in un lidl e ripartiamo capatina a Bundoran luogo turistico per una veloce urinata e poi via a Sligo dove finalmente ci fermiamo. qua e' tutto un ricordare Yeats la mamma era di quei posti e lui ci ha passato molto tempo mi pare di ricordare che c'aveva anche una ciccetta da quella parti. anzi probabilmente ci passava tanto tempo proprio per quello. c'e' da dargli torto? tramonto a Rosses Point non diro' che abbiamo fatto il bagno nell'oceano no pero' il pediluvio si bella e lunga camminata con i piedi in ammollo schivando granchi morti e meduse passate anch'esse a miglior vita sole che cala e via di nuovo. Carrick-on-Shannon Longford Mullingar giusto per farvi sapere la strada che abbiamo fatto e poi dublino. finito il viaggio, e' curiosamente finito anche il doppio del vecchio johnny e ora che ci penso e' finito anche il vecchio johnny purtroppo pace all'anima sua che dio abbia pieta' di lui e che lo schieri tra le schiere degli angeli e dei santi a cantare nel loro coro, gia' che sa cantare, vecchio fuckin' Johnny...
il mio inglese migliora sensibilmente a forza di sentirlo apprendo quello che sento che e' questo che adesso vi faccio sentire cosi vi fate un idea dunque quando parlo alle cameriere mi rivolgo cosi' sentite dunque porta sta' fuckin' lasagna al fuckin' tavolo 3 sorry dov'e' il fuckin' coltello per il pane? avete visto il mio fuckin' cappellino? oppure se sto al pub chiedo una fuckin' pinta o insomma avete capito. dunque, cangia tutto in irlanda cangia anche quello che sono le mie fucking impressioni e così ha ripreso una posizione di rilievo nella scaletta dei valori il fuckin' temple bar dal momento che solo li' i pub chiudono tardi la notte se no alle undici trovi tutte le fuckin' porte gia' chiuse. il ritmo della giornata adesso e' scandito da tante fucking pinte bevute in compagnia, colleghi di lavoro e amici di colleghi e tutti quelli che si vogliono aggiungere che si finisca il turno alle cinque o che si finisca a mezzanotte si finisce sempre li' per sputtanarsi mezza giornata di salario in fuckin' birre, cosi', in amicizia, come dice davide questo incredibile ragazzo torinese mamma mia le sganasciate che ci si fa al lavoro quelle proprio belle piene di stomaco con le cameriere che ci guardano e si chiedono chissa' per cosa si possa arrivare a tanto e porca puttana tra un po' torna la rumena in cucina parte il pizzaiolo croato per le ferie e io sono trasferito in pizzeria e la cosa mi dispiace solo per il fatto che cosi' ci alterneremo e non si lavora piu' contemporaneamente e la badrongina si buana fino ad ora ci ha sempre messo insieme e non puo' essere un caso perche' le coincidenze in cosi' tanti turnie insomma sicuramente si diverte pure lei perche' anche lei si fa i turni con noi anche se in realta' lei non fa un fuckin' niente pero' lo fa nei nostri turni e questo fuckin' davide mi sta facendo conoscre tutti i pub del temple non solo i tre piu' conosciuti del fuckin ' temple e porca puttana non mi bastano i soldi che guadagno e non sono pochini devo essere onesto per il malto e il luppolo il fuckin' luppolo che si introita ora pero' vado a farmi una fuckin' doccia e una fuckin' urinata stasera si va al fuckin' aeroporto a prendere le sigarette in arrivo dall'italia fuckin' italia.....
-T'ho sognato, stanotte - m'ha detto stamattina la mia padroncina -ah si? ma dai... addirittura... e che hai sognato? -ma sai che non moo ricordo? stamattina appena sveglia moo ricordavo e me so detta che taa'vrei detto, mo ora nun moo ricordo piu', cioe' me ricordo a scena e ndove stavamo pero non quello che ce siamo detti. -ma dai... avremo parlato di polpette, presumo -no, nun stavamo a parla' de porpette, noo... stavamo alle elementari, nuna scuola ch'era un palazzo, dove c'hanno girato pure un film de bertolucci mamma mia quanti cinesi arrivavano coi camper in massa, pero' nun me ricordo proprio, l'avevo pure detto a mi madre de sta cosa e che taa dicevo e invece... (mah! secondo me, ripeto, lei mi stava dicendo, li', alle elementari, di mettere un pizzico di sale in piu' e un filino di dado beef in meno....)
"fuckin' bank holidays" no. no no, non e' peter, e' la mia manager, che si esprime cosi' martedi mattina quando constata che l'ordine della roba fatto il venerdi per i tre giorni consecutivi non e' stato azzeccato, arrivo al lavoro e opla', mi cita nel mio post precedente. yuhuuuu
aaaaaaaaaaaahhhhhh....
questa volta sta a indicare soddisfazione. soddisfazione di uno che dopo aver guadagnato la pagnotta quotidiana nel tragitto di casa per una doccia e sistemata prima dell'uscita del venerdi sera passa accanto a un buco di pub e sente l'armonica e armoniosa armonia di due ben due banjo uno tenore e un'altro non so anzi non mi ricordo come si chiama dovete chiederlo a mario che me l'aveva anche detto ma ora proprio non mi sovviene ma comunque uno e' a cinque corde e uno e' a quattro e uno e' il tenore ma ora non saprei dirvi quale dei due ma comunque come il canto delle sirene mi hanno attirato dentro al buco che si chiama the confession box chissa' perche' poi e dissetandomi alla fonte della gioia che sarebbe nient'altro che la spina della birra mi sono goduto questi due vecchietti che strimpellavano e anche molto bene e i vecchi a turno che stavano seduti al bancone cantavano le canzoni quelle tradizionali e io mi sono spellato le mani excuse me mister can i take a photo yes sir dice un suonatore e cosi con questo io sono contento perche' comincio a localizzare i miei pub quelli che saranno la mia seconda casa in questi giorni e nei giorni scorsi invece m sono trastullato nel dolce far niente se non bere in pub sempre di vecchi e' chiaro ma senza suonatori dove i vecchi chi al bancone chi ai divanetti si guardano stancamente la tv e ci sono pure le coppie di vecchi - bellissime da osservare - sui settanta che non si parlano e non parlano e si schiaffano sta birra scura e ogni tanto si alzano e vanno alla porta a fumare una sigaretta e ogni tanto si alzano e vanno a pisciare. da evitare il temple bar e i suoi pub, un po' troppo turistici e scontati poco pub e tanto casino.
ieri sera me ne tornavo a casetta sul tardi finito il lavoro turno serale sono sulla grafton incrocio tre ragazze un po' avanti col discorso quella di mezzo la piu' carina ah ah se ci volete credere cantando qualcosa si stacca prende la rincorsa mi viene incontro mi salta addosso mi si avvinghia braccia al collo e gambe attorno alla schiena rimango cosi' come un cretino mi viene da ridere lei continua a cantare io continuo a camminare con questa attorcigliata intorno a me io - penso - vado avanti vediamo se arrivo a casa e questa sta ancora qui e invece dopo un po' la cosa comincia a pesarmi cioe' la cosa la ragazza - meglio - e cosi' mi fermo lei scende io continuo la mia strada lei continua la sua.
lunedi prossimo qui e' "bank holidays" o come direbbe il vecchio peter e' "fucking bank holidays" adesso vi spiego di cosa si tratta dunque si tratta di non so bene di cosa si tratti a dire il vero fatto sta che per dieci volte in un anno che possono coincidere con le festivita' ma anche no come in questo caso tutti i negozi sono chiusi e praticamente la gente non lavora e fa ponte e questo e' un bene per me perche' - mi si dice - la gente se ne va via e dunque il lavoro e' piu' tranquillo e tanto per finire il discorso chi sfortunatamente o fortunatamente dovesse lavorare prende il doppio e chi non lavora prende comunque la paga ma questo ovviamente non vale per me perche' io lavoro ssstt lo dico piano lavoro dicevo fuori regola e dunque io lavorero' e prendero il solito ma ora non voglio fare polemica va bene cosi'.
continuando con le idiozie, i miei colleghi si compiacciono di usare termini inglesi che secondo me non sono nemmeno appropriati ma comunque io mi ci adeguo perche' poi il linguaggio e' una convenzione e se loro usano cosi' usero' anch'io cosi' e dunque quando c'e' tanto lavoro dicono che e' busy ovvero arrivano la mattina e chiedono com'e' stato ieri e l'altro risponde e' stato busy ma anche nell'accezione di puoi farmi un favore e l'altro no sono busy e poi quando non si lavora per turno di riposo sei out lavori domani no sono out la prima volta che mi hanno detto che ero out ci sono rimasto male ho chiesto ma perche' che ho fatto cosi' su due piedi adesso mi lasci a casa e io come faccio ho figli ho casa ma dai out ma perche' e invece poi mi hanno spiegato e io ero piu' sollevato, indubbiamente.
bene, vado a casa, urge una doccia ma soprattutto urge che devo liberarmi della birra. se vi interessa, ho comprato una padella, che quella che ho comprato l'altro giorno si e' rivelata una fregatura non stick dice il cartellino e invece stick eccome se stick e io invece abbisogno di una che non stick e cosi' ho cambiato negozio non piu' il negozio "1 pound" adesso mi servo per gli articoli casalinghi da "2 euros" e speriamo bene
sto sulla parnell che come vi dicevo e' tutto un negher postazione pc sulla vetrina il tipo del negozio di fronte che si chiama afro carribean foods un omone di tre metri per due mi sta guardando male non so perche' io amici comunque scappo via tanti saluti alla prossima che dio mi preservi dai pericoli aiuto si sta avvicinando aiuto mi met aiutoooooooaaaarghhhhhhh
aaaaaaaaaaaahhhhhh......
interpretatelo come un rumore della bocca quando vuole esprimere un moto di sollievo dopo che uno ha camminato per sette giorni e sette notti e ha trovato finalmente una meta e un posto da sedere, che non e' il mio caso, ma serve per esprimere come mi sento.
aaaaaaaaaaaahhhhhh, dicevo.
dunque, aggiornamento della lista dei partecipanti all'europeo 2004: oltre alle gia' citate romania croazia italia spagna, si sono qualificate anche la polonia, con due partecipanti (sala), e la bosnia, anch'essa con due partecipanti (sala e bar).
dominica, polish, parla cosi veloce che non si capisce una sega. mi sono rivolto previo appuntamento al gran consiglio dei saggi per dirgli che non capisco una sega quando mi parla, e i saggi mi hanno detto che neanche l'altra polacca la capisce quando parla in polacco! sembra che la paghino un tanto a parola, sghftghghgdj e ti ha letto la divina commedia!
miss transilvania finalmente se n'e' andata fuori dalle balle, ora si puo' lavorare con serenita'.
camminando per le vie centrali, si sentono precipuamente due idiomi: lo spagnolo, e un altro, passi e senti "aho'" "amma'" "mo'".
terminata la o'connell street, andando verso casetta mia, prendo la parnell street, che e' la strada dei negher, il che vuol dire che la via e' tutto un negozio gestito dai fratelli coloured, dai call shop ai take away, dal barbiere al casolino (che pero' qua non si chiama casolino, l'avreste mai detto?)
finita la parnell, prendo la gardiner middle che poi diventa gardiner upper (siete contenti che vi spiego un po' la strada di casa?) che e' la strada dei ciaina, il che significa non che e' tutto un negozio, perche' la zona comincia a diventare residenziale, ma che quando c'e' un negozio, puoi scommetterci che e' gestito da un occhietto a mandorla.
poi finalmente si arriva a casa mia, e qui la situazione e' un po' bastarda, nel senso che trovi due soli tipi di negozi, i call shop e i casolini, uno di un negher e quello dopo di un china, il terzo di un negher il quarto etc etcetera e via dicendo e credo di essermi spiegato.
poi arrivo a casa, che quando sono arrivato era quattro muri e basta, ma poi ho cominciato a chiedere a peter, il paul newmann (da vecchio) che mi ha affittato la casa, di procurarmi un po' di roba, mobilia varia. e il vecchio peter, un uomo un po' rozzo ma un tranquillone, mi pare di capire, ogni tanto arriva bussa e sulle stanche spalle c'ha un tavolo un forno doghe per la mia povera vecchia malconcia schiena una tenda una cassettiera... per ora non mi ha ancora mandato affanculo. il giorno che mi ha accompagnato a prendere le valigie all'albergo e riaccompagnato a casa, mi sono fermato per un bancomat, che non funzionava, in quel momento. non so se si ' preoccupato per i suoi soldini, cioe' miei ma che stavano per diventare suoi, fatto sta che nei sette minuti di tragitto in macchina continuava a imprecare "fuckin' banks, fuckin' banks!" e io si si mr peter maledette fuckin' banks pero' non si preoccupi i soldi glieli do, fuckin' banks, che, mi accompagna per favore a un'altra maledetta fuckin bank?